Museo civico
L'allestimento della sezione archeologica del Museo Civico di Montaione ha reso possibile un'appropriata sistemazione dei reperti già in possesso del Comune di Montaione ed ha permesso di portare alla conoscenza del pubblico beni conservati in collezioni private o in deposito nei magazzini statali.
Da molti anni, grazie all'interessamento congiunto del Comune di Montaione, della Soprintendenza Archeologica e di un gruppo di volontari, sono venuti alla luce reperti archeologici di notevole interesse; i più significativi sono stati collocati nel museo, insieme ad una serie di pannelli esplicativi che documentano i relativi scavi e forniscono utili informazioni sulla civiltà, l'arte e l'economia del territorio nei diversi periodi storici.
I reperti esposti in questa sezione ricoprono un arco cronologico molto ampio, compreso tra il paleolitico inferiore e il basso medioevo, anche se la maggior parte dei reperti si collocano tra il VII e il I secolo a.C.
Il nucleo centrale della sezione paleontologica è costituito da un fossile di scheletro di balena.
Il reperto più antico, che attesta che le colline di Montaione furono abitate fin dai tempi più antichi, è la Stele Etrusca del VI secolo a.C. riproducente un guerriero con elmo, lancia e scudo su una pietra tombale sulla quale è scritta l'età del defunto.
Il Palazzo Pretorio
Il Palazzo Pretorio di Montaione le cui origini - secondo le documentazioni ritrovate - risalgono al 1257 si può ammirare in Via Cresci, 15 nel Centro Storico del paese.
L'edificio si sviluppa su tre piani collegati tramite una scala. Al piano terra si trovano tre salette con all'interno delle vetrine contenenti elementi della fauna della Valdelsa e una serie di minerali e fossili rinvenuti nelle cave e miniere dei dintorni.
Al primo piano, nello spazio occupato della Biblioteca Comunale (oggi trasferitasi in Via Marconi) si trova una parte della collezione di reperti archeologici Libici non esposti nel Museo Civico.
Infine, al terzo piano, oltre all'archivio storico, si trovano alcuni reperti archeologici di origine etrusca e romana non ancora catalogati.
Dimora di numerose famiglie tra cui Michele di Giovanni De' Medici nel 1370, divenne poi luogo di soggiorno del Principe di Toscana Pietro Leopoldo. Fino al 1847 il Palazzo fu residenza del Magistrato Municipale e nel 1848 ospitò la Pretura.
In epoca recente, dopo l'unità d'Italia, il Palazzo divenne sede dell'Ufficio Postale e del Telegrafo, dove al primo piano si trovava la residenza del gestore dell'ufficio Postale, mentre il secondo piano era destinato all'archivio. Dopo un ampliamento dell'ufficio Postale eseguito nel 1961, i piani superiori furono destinati prima alla scuola di Avviamento Professionale e poi alla scuola Media Inferiore.
La Chiesa di San Regolo
La CHIESA un tempo dedicata a S. Bartolommeo, nel 1816 succedette anche nel titolo all'antica Pieve di S. Regolo (santo africano morto nel 781 e sepolto nel duomo di Lucca; era posta a poco più di 1 km fuori del paese). Alla morte di S. Vivaldo le sue campane suonarono da sole e il santo fu qui seppellito sotto l'altar maggiore. Qui si deliberò l'atto con cui nel 1369 tutto il castello si sottomise a Firenze. La facciata è inquadrata da due contrafforti (1765) fra i quali in alto è in pietra l'ostia raggiante di S. Bernardino; il campanile, antica torre del comune con alla base una loggia poi demolita nel 1845, ha la forma datagli nel 1795 (Ing. Tommaso Tofani); in facciata sulla destra una lapide ricorda la sepoltura di Francesco Chiarenti, montaionese studioso di medicina e agricoltura. Il lato su via Roma presenta una serie di contrafforti congiunti da arcate; sono visibili resti di un arco in cotto duegentesco. L'interno si presenta secondo il rifacimento finanziato da Scipione Ammirato il Giovane nel 1635 che poi fu sepolto sotto l'altare come si vede passando dall'Arco del Pievano, con bella curva catenaria, sotto la tribuna. Ha una volta a botte lunettata ed è scandita da modanature in pietra serena. La tribuna fu costruita nel 16O2 e decorata nel 1954 da Cesare Maffei. Nella parete centrale sotto di essa è il SS. Crocifisso (legno policromo del XIII sec. di area settentrionale) che secondo la tradizione partecipò alle crociate; qui si conserva anche una reliquia della Vera Croce. La controfacciata è di foggia neoclassica e dello stesso periodo é il decoro del fonte battesimale in fondo a destra. Proseguendo da questo lato sul primo altare e la Madonna del Buon Consiglio (scuola fiorentina di Cimabue, sec. XIII). Nella Compagnia al lato della chiesa è una bella tavola di Francesco Rosselli con Vergine in trono fra S. Regolo e S. Giovanni Battista (I584; era prima nel coro) ed un altro pregevole quadro con Tobia e l'angelo (sec. XVII di area fiamminga); entrambi i quadri sono in relazione alle due cappelle volute dall'Ammirato. La Madonna dei sette dolori sull'altare (1773) è portata in processione per il Venerdì Santo. Nel 1787 il granduca Leopoldo fece fare a sue spese

di nuovo la Canonica, dietro la chiesa; questa all'interno conserva discrete decorazione di gusto neoclassico. La festa di S. Regolo è il 1 Settembr
Convento di San Vivaldo
Le prime notizie sono del 1220 quando è menzionata una "Ecclesia S. Vivaldi".
Nella prima metà del Trecento vi si isolò e morì un eremita, il beato Vivaldo da San Gimignano: la leggenda narra che il suo corpo fu rinvenuto nella cavità del tronco di un gigantesco castagno, che l'albero scomparve per l'ansia degli innumerevoli devoti di trarne reliquie, e che sulle sue radici si sarebbe edificato il primitivo oratorio di San Vivaldo. In realtà, come abbiamo detto, la Chiesa era dedicata a un San Vivaldo già prima che il beato Vivaldo da San Gimignano vi si ritirasse.
In ogni caso il complesso fu ampliato nel 1416, ricostruito nel 1426 e affidato nel 1497 ai Frati Minori di S. Francesco.
Durante il XV secolo si suscitarono fra Montaione e San Miniato diverse vertenze circa la proprietà dell'oratorio. La prima quando il primo di maggio del 1436, gli uficiali deputati alla custodia della Selva di Camporena interrogarono Francesco Cola di Tonda eremita e governatore di San Vivaldo, il quale asseriva che l'oratorio era nella giurisdizione del Comune di San Miniato; un'altra quando 4 anni dopo altri deputati alla custodia e difesa di detta Selva per conto del Comune di San Miniato, riconfermarono quanto già 1'eremita Fra Cola aveva deposto; un'ultima allorché i capitani della Parte Guelfa di Firenze (davanti ai quali era stato ricorso, da una parte dal Comune di Sanminiato, e dall'altra dal Comune e pievano della pieve di Montaione) con atto pubblico del 29 luglio 1445 deliberarono, che quell'oratorio posto nella Selva di Camporena spettava alla giurisdizione di San Miniato, e che allo stesso Comune apparteneva la sua proprietà, o giuspadronato.
Il Castello di Camporena
Costruito dai Sanminiatesi nel 1122 fu poi rivendicato dai Pisani che lo occuparono due secoli dopo (1329) per essere subito dopo cacciati dai fiorentini che lo rasero al suolo. Sulla collina che domina la valle del Roglio, nel folto del bosco, restano i ruderi del castello: una cantina, le fondamenta di un muraglione e le basi di due torrioni. Una leggenda dice che che un passaggio sotterraneo segreto partirebbe da Camporena e arriverebbe fino a Vignale dove, naturalmente, ci sarebbe un grande tesoro.
Il Castello di Vignale

Si ha notizia di Vignale nel 1186 quando Arrigo VI divise Vignale tra il Vescovo di Volterra e i conti della Gherardesca. Qui passava il confine prima tra Firenze e San Miniato e poi tra Firenze e Pisa. Il 9 giugno 1338 vi fu firmato l'accordo di concordia tra Firenze e Volterra. Il castello è stato abbandonato nel secondo dopoguerra. Si possono comunque ancora vedere i resti del mulino, dei bastioni e, più in alto, della chiesa e della canonica.
Il Castello di Collegalli
Giovanni di Lelmo da Comugnori nella sua "Cronaca Sanminiatese" parla della battaglia di Barbialla nel 1312 nella quale i Conti di Collegalli assalirono, sconfissero e in gran parte fecero prigionieri i soldati pisani che tornavano dall'assedio di Firenze comandati da Arrigo di Lussemburgo. Nel 1329 Collegalli inviò i suoi sindaci a firmare la pace di Montopoli insieme ai più potenti comuni della Toscana. Da allora i conti furono valenti ufficiali nell'esercito fiorentino. Nel 1370 Collegalli fu separato dal territorio di San Miniato e iscritto al contado di firenze che vi stabilì una podesteria (Collegalli e Barbialla). Il castello trasformato in villa oggi appartiene alla famiglia Burgisser che lo acquistò nei primi anni del novecento.
Il Castello di Figline
Le prime notizie di un castello di nome Figline in questo luogo sono degli inizi del XII secolo, sito forse dove ora è la Villa da Filicaja, anche se secondo alcuni il castello sarebbe stato qualche centinaio di metri più a sud. Nel 1297 si ha notizia che il castello fu distrutto e abbandonato. Successivamente fu ricostruito nello stesso luogo o qualche centinaio di metri più a nord dalla famiglia Figlinesi.
Nel 1452 Ser Giovanni di Simone da Filicaja acquistò il Castello di Figline e gli cambiò il nome in Al Filicaja. L'

8 giugno del 1509 Antonio da Filicaja, Averardo Salviati e Niccolò Capponi entrano vincitori a Pisa seguiti dallo loro truppe. La base delle truppe di Antonio da Filicaja era appunto il castello di Filicaja.
Durante i secoli il minuscolo borgo è stato riformato più volte fino a fargli avere l'aspetto odierno, certo più simile ad una villa che ad un castello. È rimasto di proprietà della omonima famiglia e, tra gli altri, fu anche dimora del poeta Vincenzo da Filicaja.
Il Castello di Barbialla
Il Castello di Barbialla fu signoria dei conti Cadolingi e dei conti della Gherardesca già prima del 1109. Nel 1186 passò al vescovo di Volterra e quindi al comune di San Miniato. Nel 1370 fu aggregato a Firenze e nel 1431 fu ripreso dai pisani per essere poi liberato dai fiorentini ed infine saccheggiato dai pisani. È stato completamente ristrutturato negli anni '80 da Raul Gardini ed attualmente è utilizzato come foresteria di una grande multinazionale dell'estremo oriente.
Calstelfalfi
È opinione comune, sebbene non provata in maniera definitiva, che il primo insediamento sia stato costruito verso il 700 d.c. dal longobardo [[Faolfi] e da qui, in effetti, potrebbe derivare il nome "Castrum Faolfi", corrotto poi in Castelfalfi. Certo è che nel 745 Walfredo di Ratgauso della Gherardesca cita Castelfalfi in occasione di una donazione alla Badia di Monteverdi in Maremma. Nel [[1139] fu venduto da Ranieri della Gherardesca al vescovo di [[Volterra] per cento lire. Nel duecento il piviere di Castelfalfi aveva 13 chiese suffraganee. Nel 1475 i proprietari -Giovanni di Francesco Gaetani e sua moglie Costanza de' Medici ristrutturano il castello e vi costruiscono l'adiacente villa. Castelfalfi fu saccheggiato e incendiato nel 1554

dalle milizie di Piero Strozzi al tempo della guerra fra Firenze e Siena. Passò poi ai Medici Tornaquinci.
Il Castello di Tonda
Viene citato per la prima volta in un diploma del 28 dicembre 1212 in cui Ottone IV assegnava il feudo che conteneva il Castello di Tonda a due nobili fratelli pisani, Ventilio e Guido di Ildebrandino. La donazione fu confermata poi dal legato imperiale Corrado vescovo di Spira nel 1221. In seguito il castello andò al Conte Ranieri della Gherardesca. Fu poi venduto nel 1267 al Comune di San Miniato per 833 lire, 6 soldi e 8 denari. Dopo la sottomissione a Firenze del 1370, nel 1379 fu staccato dalla comunità di San Miniato e assegnato a quella di Montaione. La podesteria di Montaione comprendeva Montaione, Figline e Tonda e il podestà risiedeva per metà a Montaione e per metà a Tonda. Il borgo è proprietà di una società svizzera ed è attualmente magistralmente restaurato ed adibito a struttura turistica.
Il Castello della Sughera
Le prime notizie del Castello della Sughera si hanno nel 1186 quando l'imperatore Arrigo VI lo donò al vescovo di Volterra, Ildebrando Pannocchieschi. Il borgo con la sua strada stretta fra vecchie case in mattoni, angusti vicoli, il pozzo e i resti di una vecchia cappella si è ben conservato ed è tuttora abitato.